Le nuove tecnologie cambiano il modo di lavorare, di produrre e di fare business. Ignorare quest’aspetto o non stare al passo con l’innovazione significa perdere competitività sul mercato in poco tempo.

La digitalizzazione rappresenta una grande opportunità per tutte le organizzazioni. L’opportunità, cioè, di poter erogare un servizio o produrre un bene in maniera molto più efficiente, riducendo enormemente i costi. Bisogna solo adeguarsi ai tempi che cambiano, implementando nuove tecnologie e acquisendo nuove competenze.

Più il processo è digitalizzato, maggiori sono i livelli di efficienza ed efficacia raggiungibili; tra i vantaggi è possibile trovare la riduzione del tempo di ricerca e consultazione dei documenti, l’accesso alle informazioni in tempo reale e l’aumento della sostenibilità.

La situazione in Italia: l’indice DESI

Qual è lo stato di digitalizzazione dell’Italia? E, soprattutto, qual è la differenza rispetto agli altri Paesi europei?

Queste domande sono necessarie per prendere decisioni consapevoli e comprendere l’effettiva attuazione dei piani strategici di digitalizzazione nazionale.

Per sviluppare queste conoscenze occorre stabilire un indicatore misurabile, solido, completo e condiviso a livello internazionale: il Digital Economy and Society Index (DESI). Quest’ultimo è utilizzato da alcuni anni per valutare e confrontare il livello di digitalizzazione dei Paesi dell’Unione Europea.

L’indice è la sintesi di diversi indicatori raccolti in 4 categorie principali:

  • Capitale umano: misura le competenze necessarie per sfruttare tutti i benefici offerti dall’innovazione digitale;
  • Connettività: misura lo sviluppo della banda larga, la sua qualità e l’accesso fatto dai vari stakeholder;
  • Integrazione delle tecnologie digitali: misura la digitalizzazione delle organizzazioni e l’utilizzo dei canali online per le vendite;
  • Servizi pubblici digitali: misura la digitalizzazione della PA, con focus sull’eGovernment.

Ognuna di queste quattro categorie contiene diversi indicatori che sono raccolti ogni anno per tutti i Paesi dell’UE e opportunamente ponderati a seconda della loro importanza. Nel rapporto DESI dello scorso anno sono stati 33 gli indicatori utilizzati.

Secondo l’ultima edizione dell’indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI), l’Italia si colloca al 18º posto fra i 27 Stati membri dell’UE. Essendo la terza economia dell’UE per dimensioni, i progressi che essa compirà nei prossimi anni nella trasformazione digitale saranno cruciali per consentire all’UE di conseguire gli obiettivi digitali fissati per il 2030.

L’Italia sta guadagnando terreno e, se si considerano i progressi del suo punteggio DESI negli ultimi cinque anni, sta avanzando a ritmi molto sostenuti. Infatti, le questioni digitali hanno acquisito attenzione politica, grazie anche all’istituzione di un ministero per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale e all’adozione di varie strategie chiave.

Ciò premesso, la trasformazione digitale sconta ancora varie carenze cui è necessario porre rimedio.

Dai dati emerge che per scalare la Top Ten Europea è necessario accelerare soprattutto all’utilizzo dei Big Data, insieme all’Intelligenza Artificiale applicata alle procedure aziendali.

È utile fare una riflessione sui Big Data e capire il loro ruolo strategico, considerando che ne sentiamo parlare ogni giorno più volte.

Perché i Big Data sono così importanti per la digitalizzazione?

I Big Data si riferiscono a grandi quantità di dati che vengono raccolti, elaborati e analizzati per estrarre informazioni utili e ottenere una migliore comprensione di determinati fenomeni. In Italia, come in molti altri paesi, ha assunto una crescente importanza in vari settori.

Un campo il cui impatto è stato significativo è quello dell’economia e delle imprese. Le organizzazioni stanno utilizzando sempre più i Big Data per analizzare i modelli di consumo, monitorare i comportamenti degli utenti e prendere decisioni aziendali più informate. Questo può aiutare a individuare opportunità di business, migliorare l’efficienza operativa e sviluppare campagne di marketing più mirate.

Nel settore sanitario, l’uso dei Big Data sta diventando sempre più importante per la ricerca medica, la gestione delle malattie e l’assistenza sanitaria. Ad esempio, l’analisi dei dati sanitari può consentire agli operatori di settore di individuare modelli e tendenze, prevedere epidemie e migliorare la pianificazione delle risorse sanitarie.

Anche il settore pubblico italiano sta sfruttando i Big Data per migliorare la gestione delle città e dei servizi pubblici. Le amministrazioni locali raccolgono e analizzano dati provenienti da diverse fonti, come sensori, telefoni cellulari e social media, per ottenere informazioni utili sulla mobilità urbana, l’inquinamento ambientale, la sicurezza pubblica e altri aspetti legati alla qualità della vita dei cittadini.

Per promuovere l’uso responsabile dei Big Data in Italia, è necessario anche investire nella formazione di professionisti esperti in analisi dei dati (quindi migliorare il capitale umano: (1° indice nel DESI) e nella creazione di infrastrutture tecnologiche adeguate.

Inoltre, è importante favorire la collaborazione tra settore pubblico, privato e accademico per massimizzare i benefici derivanti dall’uso dei Big Data e affrontare le sfide associate.

Complessivamente, un’adeguata Data Analysis (Clicca per leggere il nostro approfondimento) offre molte opportunità per migliorare l’efficienza, l’innovazione e la qualità della vita dei cittadini.

Saper interpretare e analizzare la realtà che ci circonda può aiutare a renderla meno complessa e caotica, obiettivo alla base dell’intero processo di innovazione digitale.

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